Ho scritto questo racconto nell’estate del 1960. Allora il Governo non solo si disinteressava del fenomeno della mafia, ma esplicitamente lo negava.
Quando Sciascia, nel 1961, pubblicò il giorno della civetta, già circolavano diversi saggi ed inchieste sul fenomeno della mafia, tuttavia non esistevano ancora opere letterarie che affrontassero degnamente l’argomento.
Erano, sì, diffusi testi d’intrattenimento, anche molto popolari, i cui protagonisti erano piccoli mafiosi di quartiere, ma si trattava di rappresentazioni scherzose del fenomeno, che dipingevano la mafia più come uno stile di vita, che come un’associazione a delinquere, o un sistema cresciuto dentro lo Stato. Uno stato che, per giunta, si prodigava nel negare completamente l’esistenza della mafia stessa.
Il giorno della civetta “non è che un per esempio” (per citare le parole dell’autore) e rispondeva all’esigenza di mostrare finalmente questo sistema all’opera, attraverso una vicenda che, se da un lato è completamente frutto d’invenzione, dall’altro è anche amaramente “vera”.
Salvatore Colasberna, titolare di una piccola impresa edile, viene ucciso a colpi di lupara mentre sta per salire su un autobus diretto da S. a Palermo. All’omicidio hanno assistito in molti (l’autobus era pieno di passeggeri), ma tutti si dileguano prima dell’arrivo dei carabinieri.
L’unica informazione utile viene fornita da un venditore di panelle presente sul luogo e all’ora del delitto, che, dopo un lunghissimo interrogatorio, con riluttanza confessa di aver sentito due spari provenire da un sacco di carbone posto all’angolo tra via Cavour e piazza Garibaldi.
A dirigere le indagini è il capitano Bellodi, emiliano di Parma, ex partigiano, diventato carabiniere per vocazione. Grazie ad una lettera anonima e alle informazioni strappate a fatica al confidente Parinieddu, Bellodi capisce che l’omicidio di Colasberna è di matrice mafiosa, in particolare decide di indagare nel settore degli appalti pubblici.
Parallelamente viene denunciata la scomparsa di Paolo Nicolosi, un giardiniere che dopo la guerra si era trasferito nel paese con la moglie. Bellodi non crede all’ipotesi di un allontanamento volontario per motivi passionali, ma è convinto che l’uomo sia stato ucciso per aver riconosciuto l’assassino, la mattina dell’omicidio di Colasberna.
Il romanzo segue il lavoro del capitano Bellodi che riesce ad individuare e ad arrestare l’esecutore e il mandante del delitto e si illude di aver raccolto prove sufficienti ad incriminare non solo i due colpevoli, ma persino il boss della mafia locale, Don Mariano Arena.
La notizia dell’arresto di Don Mariano suscita grande scalpore, anche in virtù dei rapporti che legano il boss ai grandi nomi della politica siciliana e nazionale, il che lascia presagire il triste epilogo della vicenda.
Tutto il racconto è infatti attraversato da una vena di amarezza, perché il lettore vorrebbe condividere l’entusiasmo e le speranze del capitano Bellodi, un cavaliere in divisa da carabiniere, mentre questi si avvicina alla soluzione del caso e si illude di poter vincere lo scontro con Don Mariano, ma la prospettiva attraverso cui è narrata la vicenda è quella di un narratore esterno ed onnisciente, che ci mostra di scorcio alcuni retroscena e “fuori onda” che fanno subito maturare una visione disincantata della realtà.
Il capitano Bellodi si scontra quindi con le leggi non scritte della mafia e su tutte troneggia quella dell’omertà, che obbliga tutti all’indifferenza e al silenzio. Gli abitanti della cittadina, pur avendo il ruolo di comparse, restituiscono al lettore in modo molto efficace il clima di diffidenza, di sospetto e di paura che alimenta l’omertà mafiosa, per cui tutti sanno tutto, ma nessuno dice nulla.
All’omertà si aggiunge il legame che la mafia ha stretto con i piani alti del potere e della magistratura, il che fa dello scontro tra Bellodi e Don Mariano, una lotta impari, per quanto lo stesso Don Mariano riconosca il valore del suo avversario.
Nell’incontro con Bellodi, Sciascia fa pronunciare a don Mariano il discorso contenente l’espressione quaquaraquà, destinata a divenire celeberrima e collegata, nella cultura popolare, al mondo mafioso e ai concetti che lo governano:
Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà.
Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini. E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi. E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito.
E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre. Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo.
Lo stile di Sciascia è pratattico, secco, privo di volute retoriche, in una parola essenziale. una tendenza quella a ricercare l’essenzialità, che emerge anche dalla brevitas che caratterizza tutte le sue opere.
Il giorno della civetta è un romanzo, la cui lettura non è facilissima né immediata, tuttavia rappresenta una delle testimonianze letterarie più significative sul tema della mafia, un nemico che, ancora oggi, è lungi dall’essere stato sconfitto.
Per quanto riguarda il titolo, si tratta di una metafora che allude proprio al fatto che la mafia, avendo intrecciato i suoi tentacoli a quelli della politica, da creatura notturna, è diventata così potente da poter uscire allo scoperto e agire anche alla luce del sole.
Vi consiglio anche il film del 1968, diretto da Damiano Damiani, interpretato da Franco Nero, nel ruolo del capitano Bellodi, e da Claudia Cardinale, nel ruolo della vedova di Nicolosi. Il film introduce qualche cambiamento a livello di trama: si dà molto più risalto alla figura della vedova Nicolosi, vera e propria donna-eroina che osa sfidare i notabili del paese, e alla falsa pista del delitto passionale, ma l’interpretazione dei personaggi e la scenografia, riproducono alla perfezione l’atmosfera che si respira leggendo le pagine del libro (sono riprodotti fedelmente anche molti dialoghi).
Il film è disponibile su Amazon Prime, mentre il romanzo è edito da Adelphi. Buone letture a tutti!