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Il deserto dei Tartari – Dino Buzzati

Febbraio 3, 2022 //  by Alessia//  Lascia un commento

Il deserto dei TartariGrandissimo autore sia di racconti che di romanzi, Dino Buzzati è considerato, insieme a Calvino, uno dei maggiori scrittori fantastici del Novecento italiano. Il deserto dei Tartari, pubblicato nel 1940, fu il suo terzo romanzo, nonché il suo più grande successo.

Il romanzo è ambientato, come la maggior parte dei romanzi di Buzzati, in un mondo e un tempo immaginari e indefiniti. Giovanni Drogo, un giovane soldato pieno di entusiasmo, dopo essere diventato ufficiale, viene assegnato alla fortezza Bastiani, un avamposto sperduto in alta montagna, all’estremo confine settentrionale del regno, affacciato su una pianura deserta, che in passato fu teatro di scontro con la temutissima popolazione dei Tartari.

Da tempo però dei Tartari non si hanno più notizie, la guerra è solo un lontanissimo ricordo e la fortezza, pur conservando un certo prestigio in virtù del suo glorioso passato, non ha più alcuna reale funzione strategica, tanto che la maggior parte degli ufficiali vi resta solo il tempo che è strettamente necessario, o comunque quanto basta per avanzare nella carriera militare.

Lo stesso Giovanni Drogo non appena mette piede nella fortezza decide di restarci il meno possibile: spaventato dall’asperità e dalla solitudine del luogo, è preso dall’angoscia ed è impaziente di riavvicinarsi alla città e alla vita “vera”.

La fortezza esercita però su Drogo un potere e un fascino magnetici: senza neppure rendersene conto il protagonista viene assorbito dalla routine che caratterizza la vita nell’avamposto: giornate che scorrono tutte uguali, scandite da turni di guardia diurni e notturni, una disciplina rigida su cui nessuno transige, cerimonie e rituali militari ormai privi di utilità. Trascorrono così, come un battito di ciglia, i primi giorni, settimane, mesi alla fortezza, e quel desiderio di fuga e cambiamento che il primo giorno era così pungente, si fa sempre più debole. Buzzati stesso ha affermato che lo spunto per il romanzo era nato…

…dalla monotona routine redazionale notturna che facevo a quei tempi. Molto spesso avevo l’idea che quel tran tran dovesse andare avanti senza termine e che mi avrebbe consumato così inutilmente la vita. È un sentimento comune, io penso, alla maggioranza degli uomini, soprattutto se incasellati nell’esistenza ad orario delle città.

Uno dei temi cardine del romanzo è proprio la tendenza del genere umano a crogiolarsi e a cristallizzarsi nell’abitudine: le nostre giornate sono scandite da impegni, gesti, rituali da cui ci sentiamo soffocati e di cui ci vorremmo liberare, ma a cui, sotto sotto, non siamo in grado di rinunciare. L’uomo infatti brama la tranquillità che deriva dalla consuetudine e fatica a scegliere il cambiamento: crede di avere tutto il tempo davanti a sé per agire, ma più il tempo passa, più cambiare diventa difficile.

La vita nella fortezza è inoltre segnata dalla speranza: speranza che i Tartari un giorno tornino ad intravedersi lungo la linea dell’orizzonte, marcino attraverso la pianura, sotto la fortezza, offrendo ai suoi abitanti un’occasione di rivalsa e di gloria. Non c’è motivo di credere che i Tartari attaccheranno mai il regno, anzi, con il tempo il contingente militare di stanza sul confine viene ridotto, eppure Drogo non rinuncia: è convinto che presto arriverà la sua grande occasione e di avere ancora davanti a sé gli anni migliori della vita.

Di nuovo la condizione del protagonista e dei suoi compagni d’armi, che invecchiano nella fortezza nell’attesa di una guerra che probabilmente non arriverà mai, non è che una metafora della condizione umana: siamo sempre convinti di dover ancora vivere gli anni migliori della nostra vita, che ancora dobbiamo assaporare la svolta che darà un significato alla nostra esistenza, quando invece non è così: restiamo fermi ad aspettare il bello che deve ancora venire e in un lampo siamo già vecchi.

Il tempo intanto correva, il suo battito silenzioso scandisce sempre più precipitoso la vita, non ci si può fermare neanche un attimo, neppure per un’occhiata indietro. “Ferma, ferma!” si vorrebbe gridare, ma si capisce ch’è inutile. Tutto quanto fugge via, gli uomini, le stagioni, le nubi; e non serve aggrapparsi alle pietre, resistere in cima a qualche scoglio, le dita stanche si aprono, le braccia si afflosciano inerti, si è trascinati ancora nel fiume, che pare lento ma non si ferma mai.

E anche se la vita alla fortezza è vita di comunità, ciò non significa che la relazione e il contatto con il prossimo lenisca le sofferenze del protagonista e riempia il vuoto delle sue giornate. Anzi, Drogo si sente spesso tradito e abbandonato dai suoi compagni d’armi. In definitiva ciascuno di noi è solo, con le sue speranze, i suoi sogni, i suoi successi e insuccessi.

Gli uomini, per quanto possano volersi bene, rimangano sempre lontani; se uno soffre, il dolore è completamente suo, nessun altro può prenderne su di sé una minima parte; se uno soffre, gli altri per questo non sentono male, anche se l’amore è grande, e questo provoca la solitudine della vita.

Il deserto dei Tartari è un romanzo che oscilla tra due poli opposti: la vana speranza di tutto ciò che può ancora succedere e una realtà immobile in cui non succede mai nulla. Ed è proprio la tensione tra questi due poli opposti a rendere queste pagine, così povere di avvenimenti, tanto dense e dolorose. Dolorose perché il lettore non può non sentirsi come Drogo: profondamente angosciato per le mille occasioni sprecate, per le decisioni non prese, per le scelte troppo poco coraggiose.

Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.

A lettura conclusa e ripensando alla storia di Drogo, mi è venuta in mente questa famosissima poesia di Salvatore Quasimodo (Ed è subito sera), perché, a mio avviso i due testi, veicolano un messaggio molto simile. Ho amato questo romanzo e sono felicissima di averlo finalmente letto! Lo consiglio a chiunque ancora non abbia recuperato questo grande classico della letteratura del Novecento.

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Categoria: Novecento italianoTag: Dino Buzzati, Mondadori, Romanzo

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