Titolo: La casa delle madri
Autore: Daniele Petruccioli
Prima edizione: 2020
Lingua originale: Italiano
Casa editrice: Terrarossa
Pagine: 292
ISBN: 978-88-948-4513-6
Prezzo: 16,00
Valutazione: 3,5/5
Come è facile intuire anche solo passando rapidamente in rassegna i titoli dei dodici semifinalisti al Premio Strega, la dozzina di quest’anno è caratterizzata dalla presenza di due tematiche comuni: da un lato l’universo dei rapporti familiari, dall’altro il tema della casa, intesa non soltanto come un luogo fisico, ma alla stregua di un vero e proprio personaggio che è testimone della nostra vita e assorbe le tracce del nostro passaggio.
Oggi parliamo de La casa delle madri di Daniele Petruccioli, edito Terrarossa, un romanzo che affronta in pieno entrambe queste tematiche.
I protagonisti de La casa delle madri sono due gemelli, Ernesto ed Elia. Sebbene il rapporto tra fratelli sia una delle cose più belle che esistano al mondo, è vero anche che può diventare qualcosa di altrettanto complicato.
Del resto, nessuno ci insegna ad essere buoni fratelli, buone sorelle, o bravi nonni, zii, cugini… né tantomeno esiste il manuale del perfetto genitore. Di conseguenza i rapporti tra parenti, che dovrebbero essere, sì, un’ancora di salvezza, una rete di salvataggio, allo stesso tempo sono anche difficili da gestire, tanto che l’universo familiare si dispiega spesso come un labirinto in cui è difficile orientarsi.
Il rapporto tra Elia ed Ernesto è molto complicato e profondamente ambivalente. Ernesto è nato con una malformazione al braccio destro e alla gamba destra, non si sa se a causa di una malattia congenita o se a causa di un errore medico durante il parto. Ernesto dovrà fare i conti con la sua disabilità, che comunque compensa con una vivace intelligenza. Elia invece è nato sano ed è il ritratto della salute: è un bambino molto dinamico che ama correre e giocare. È come se i due fratelli fossero complementari, perché i punti di forza dell’uno sono anche i punti di debolezza dell’altro.
Ernesto cresce covando una profonda invidia nei confronti del fratello, che può condurre una vita “normale”, ma allo stesso sfrutta la sua fragilità, usandola come uno scudo dietro cui nascondersi e trincerarsi, per evitare di assumersi le responsabilità dell’età adulta.
Elia invece, che è cresciuto sentendosi “dire prenditi cura del fratello – dai un occhio a tuo fratello”, non vede l’ora di scappare, di lasciare il nucleo famigliare e di assaporare la libertà.
Tra le pagine del romanzo, i due fratelli vengono spesso paragonati a due rette parallele, a due pianeti il cui destino è indissolubilmente legato, ma che allo stesso tempo viaggiano su due orbite diverse e che faticano ad incontrarsi.
In secondo piano abbiamo poi Speedy e Sarabanda, i genitori dei due gemelli. Se Ernesto ed Elia sono due rette parallele, i genitori sono due rette divergenti, perché mentre agli inizi della loro unione sono una coppia molto affiatata, successivamente si trasformano in due nemici, pronti a farsi la guerra l’uno contro l’altra, finché arriverà la separazione definitiva.
Ancora più in secondo piano si muovono le figure della nonna materna e di quella paterna, entrambe donne d’altri tempi, che si sono dedicate alla famiglia e alla casa, ma se la madre di Sarabanda è già una donna moderna, colta e decisamente poco massaia, la mamma di Speedy è il perfetto angelo del focolare e incarna un ideale di donna più tradizionale.
Le storie di tutti i personaggi, ciascuno con il suo bagaglio, e il loro reciproco incontrarsi/scontrarsi, danno vita ad un intrico di relazioni, la cui complessità e ambiguità sono rappresentate magistralmente dall’autore tra le pagine di questo romanzo.
Sullo sfondo troviamo le case in cui questi rapporti prendono forma: la casa in cui Speedy e Sarabanda sono andati a vivere dopo il loro matrimonio e in cui i gemelli sono nati e cresciuti; la casa dei genitori di Sarabanda, in cui la donna ha deciso di trasferirsi dopo la morte della madre (è proprio questa la “casa delle madri”); e poi la casa al mare, in cui la famiglia si trasferisce per trascorrere i mesi estivi.
Tutte le case che fanno parte del romanzo subiscono grandi cambiamenti di generazione in generazione: alcuni muri vengono abbattuti altri vengono innalzati, si aprono nuove finestre, si chiudono vecchie porte, ma le case conservano le tracce del passaggio di chi le ha abitate e tra le loro mura aleggiano gli spiriti delle persone che non ci sono più.
Daniele Petruccioli è riuscito a costruire molto bene quel labirinto intricatissimo che è la famiglia di Elia ed Ernesto, tutti i personaggi sono estremamente complessi, chiaroscurali e quindi credibili, la focalizzazione è multipla, quindi noi lettori possiamo toccare con mano i pensieri, le sofferenze, le speranze e i sentimenti sia di Ernesto che di Elia, ma anche di Sarabanda di Speedy e delle due nonne.
Uomini e donne che si scontrano, che litigano, che si amano e si odiano, ma nessuno di loro è migliore degli altri, o occupa una posizione privilegiata, nessuno è più buono o cattivo, ha più torto o ragione. L’autore è stato capace di farci empatizzare con tutti i personaggi, di cui noi lettori capiamo le ragioni che stanno alla base dei loro comportamenti, a dimostrazione di quanto sia difficile trovare il modo di fare la cosa giusta, specialmente quando si parla di legami familiari, ognuno fa il meglio che può: forse sbaglia? a ragione o a torto, questo lo si scopre soltanto a posteriori.
Per quanto riguarda lo stile, questo non è dei più immediati: i periodi sono molto ampi e ricchi di incisi, di parentesi e di subordinate. L’autore ha certamente ricercato una lingua elegante e sofisticata, ma senza spingersi troppo oltre; ne risulta un romanzo che è davvero ben scritto.
Cosa invece non mi ha convinto? La casa delle madri a lungo andare è molto ridondante e ripetitivo, le ultime 60-80 pagine non aggiungono nulla di nuovo e non fanno che reiterare quanto è stato detto in precedenza, di conseguenza ho fatto un po’ di fatica a portare a termine il romanzo.
La casa delle madri in generale è un romanzo molto (molto) statico, perché è vero che ci vengono raccontate la storia e l’evoluzione di Elia e di Ernesto, ma le carte in tavola vengono scoperte quasi subito, quindi più che delineare lo svolgimento di una vicenda, il romanzo va pian piano a scavare sempre più in profondità nella psicologia dei personaggi, quindi più che raccontarci una vera e propria vicenda che evolve, ci dipinge un quadro quasi immobile.
Lo consiglio? Sì! A chi vuole misurarsi con una scrittura raffinata ed elegante e a chi ama scavare in profondità nelle pieghe dell’animo umano.