Titolo: Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio
Autore: Remo Rapino
Prima edizione: 2019
Lingua originale: Italiano
Casa editrice: minimum fax
Pagine: 271
ISBN: 978-88-3389-087-6
Prezzo: 17,00
Valutazione: 4/5
Buongiorno lettori!
Con qualche giorno di ritardo rispetto a quanto mi ero prefissa, oggi vi parlo di Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio, di Remo Rapino, settima tappa della mia maratona di lettura dedicata al Premio Strega 2020.
Anche in questo caso, ho scoperto un autore nuovo, perché di Remo rapino, autore di racconti e di poesie, non avevo mai letto nulla e devo dire che questo romanzo ha rappresentato per me una piacevole scoperta.
Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio è un libro molto particolare. Liborio, protagonista e narratore del romanzo, non fa altro che raccontarci la sua storia, dal 1926, anno in cui è nato, al 2010, l’anno della sua morte. Tuttavia Liborio non è un narratore qualsiasi: Liborio è quello che si definisce una cocciamatte, vale a dire un folle. A raccontarci la sua storia è il matto del paese, da cui tutti si tengono alla larga e che viene deriso e preso in giro.
In ogni paese ce n’è uno: i genitori danno precise istruzioni su come comportarsi ai bambini più piccoli (se lo incontri non guardarlo e se ti parla non attaccare bottone!), gli adolescenti si scatenano con le prese in giro, dando il peggio di sé, gli adulti si tengono alla larga e riportano gli ultimi pettegolezzi a riguardo, facendosi qualche grassa risata. Sapete di cosa sto parlando: dare un volto ed una fisionomia a Liborio è facile.
Liborio è, in una parola, diverso e osserva il mondo dal suo punto di vista, punto di vista che chiaramente non coincide con quello degli altri, delle persone che si definiscono normali.
Mò, quelli là, gli altri, tutta la gente di sto cazzone di paese, vanno dicendo che sono matto. E mica da mò, che me lo devono dire loro, quelli là, gli altri, tutta la gente di sto cazzone di paese che sono matto. Pure io lo so, e sempre ci penso, notte e giorno, d’inverno e d’estate, ogni giorno che il Padreterno fa nascere e morire, con la luce e con lo scuro, ci penso che c’ho sempre pensato per vedere di capire come mai sta coccia mia da quasi normale s’è fatta na cocciamatte, tutta na matassa sgarbugliata fuori di cervello.
All’età di 84 anni il nostro eroe decide di scrivere la sua storia. Il romanzo quindi costituisce una sorta di memoriale, di diario personale, in cui il narratore riporta tutto quello che gli è successo. Liborio non è un uomo istruito, ha frequentato solo due anni di elementari, di conseguenza la sua scrittura è modellata sull’oralità: le frasi sono sgrammaticate, la sintassi è elementare e moltissimi sono i termini del dialetto dell’Italia centro-meridionale (non si nomina mai il paese da cui proviene il protagonista, ma alcuni indizi ci consentono di collocare la vicenda a Lanciano, in Abruzzo, paese d’origine di Remo Rapino).
La scrittura inoltre è un flusso continuo: non ci sono paragrafi, non si va mai a capo e i capitoli sono piuttosto ampi, perché scandiscono interi periodi, o fasi della vita di Liborio.
Liborio Bonfiglio ci racconta così la sua particolare versione del ‘900. Ritroviamo infatti tra le pagine di questo memoriale tutti gli eventi salienti del secolo breve: la seconda Guerra Mondiale, la Resistenza, il boom economico che spinge il protagonista a migrare (insieme e a molti altri) verso il nord della penisola; poi ancora gli anni ’60 e ’70, la caduta del muro di Berlino e la fine dell’URSS, l’11 settembre 2001…
Il tutto filtrato attraverso il punto di vista del protagonista che, testimone di eventi cruciali ed epocali, osserva tutto con stupore quasi infantile e cerca di dare una spiegazione ed un’interpretazione a ciò che gli accade intorno. Ovviamente, dal momento che Liborio è un uomo semplice, poco istruito e pure con qualche rotella fuori posto, la sua interpretazione e la sua ricostruzione dei fatti storici e sociali, non coincide con quella del lettore, ma non per questo ha meno valore, anzi. Il romanzo di Remo Rapino in questo senso ci provoca e ci permette di osservare la nostra storia da una prospettiva diversa, inedita.
Va da sé che, leggendo queste pagine è impossibile non sorridere, ma allo stesso tempo è ugualmente impossibile non riflettere sulla portata di certi eventi storici e di certi cambiamenti economici, sociali e culturali.
E’ impossibile anche non affezionarsi e non voler bene a Liborio. La sua follia, infatti non si manifesta improvvisamente, né casualmente, ma è il risultato di una serie di eventi negativi che hanno segnato la vita del protagonista. Lui li chiama segni neri.
I segni neri cominciano il giorno in cui è nato: fuori infuria la tempesta, il dottore e la levatrice arrivano in ritardo, quando Liborio è già nato, del padre non si hanno notizie e Liborio non lo conoscerà mai, la madre perde subito il latte e, fin dai suoi primi giorni, Liborio soffre la fame.
I segni neri si moltiplicano: la vita di Liborio è fatta di povertà, di solitudine, di sfruttamento, di lavori pesanti ed alienanti, di fallimenti e perdite. Insomma un’esistenza difficile, dall’inizio alla fine, e le azioni folli, le paranoie e le fissazioni del protagonista sono la diretta conseguenza di tutte le cose brutte che a Liborio sono toccate in sorte.
Ognuno quindi ha la sua storia, ognuno ha la sua dose di fortune e sfortune e per alcuni le seconde sono più numerose delle prime. Per Liborio, che è buono come il pane e, come lui stesso ripete di continuo, non ha mai fatto male neppure ad una mosca, la follia rappresenta la chiave per andare avanti, è il suo modo di stare al mondo e (il lettore lo capisce presto) non poteva essere altrimenti.
Insomma un libro che, al di là delle aspettative, mi è piaciuto molto: mi sono affezionata moltissimo a Liborio, una figura che mi darà da pensare e che mi frullerà in testa per un bel po’, anche ora che ho concluso la lettura.
Certo Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio non è un libro che si divora. Non si tratta di un libro di difficile comprensione, ma la scrittura non è delle più immediate: bisogna familiarizzare con il linguaggio di Liborio, bisogna abituarsi al flusso dei suoi pensieri, alle sue fissazioni e ai sui “chiodi fissi”. Non fate l’errore (come è successo a me) di dare a questo libro una data di scadenza e di volerlo finire a tutti i costi in tempi brevi, perché ciò vi porterà ad abbandonarlo. Date al vecchio Liborio il tempo di coinvolgervi e di farsi voler bene, sorseggiate queste pagine poco a poco e vedrete che non vi deluderà.
Consigliato!
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