Titolo: Giovanissimi
Autore: Alessio Forgione
Prima edizione: 2020
Lingua originale: Italiano
Casa editrice: NN Editore
Pagine: 224
ISBN: 978-88-94938-56-2
Prezzo: 16,00
Valutazione: 4/5
Alessio Forgione, classe 1986, è nato a Napoli. Il suo romanzo d’esordio, Napoli mon amour, (NN Editore) ha vinto il Premio Berto 2019 e il Premio Intersezioni Italia-Russia. Giovanissimi è il suo secondo romanzo, pubblicato sempre per NN Editore all’inizio di questo 2020.
Giovanissimi è ambientato a Soccavo, un quartiere della periferia di Napoli. Marocco, protagonista e narratore della sua storia, vive solo con il padre, la madre li ha abbandonati quando lui era ancora un bambino senza dare più sue notizie. Marocco è ormai adolescente e si divide tra le mattinate passate a scuola, gli allenamenti di calcio, i pomeriggi passati con gli amici, le prime delusioni d’amore, le prime uscite serali.
Le giornate di Marocco scorrono apatiche, uguali l’una all’altra, fino all’incontro con Serena, una ragazza, che per la prima volta da quando sua madre lo ha lasciato, lo farà sentire amato, colmando un grande, enorme vuoto.
Devo ammettere che con Giovanissimi non è stato “amore a prima vista”: inizialmente la storia non riusciva a coinvolgermi e ho faticato ad entrare in sintonia con il personaggio.
Inoltre tutto il romanzo, ma in particolare la prima parte, è caratterizzato da uno stile aspro, fatto di periodi “spezzati”, in cui si accumulano quasi solo coordinate. Per fare un esempio: L’arbitro si voltò e lo vide dimenarsi per terra. Fischiò, fermò il gioco e corse sul posto. Fischiò fortissimo verso la panchina e chiamò e mosse velocemente le mani nell’aria. Si tratta di una scelta stilistica che all’inizio (ovviamente si tratta di gusti e sensibilità personali) mi ha infastidita parecchio, perché mi ha reso difficile “prendere il ritmo” e lasciarmi coinvolgere dalla storia.
Proseguendo la lettura, ho però familiarizzato con lo stile dell’autore e ho iniziato ad affezionarmi al protagonista, tanto che la storia di Marocco, così malinconica e così dolce allo stesso tempo, mi ha presa per mano e mi ha davvero toccato il cuore.
Innanzitutto, pagina dopo pagina, il lettore si rende conto di quanto sia grande il senso di abbandono che Marocco prova per essere stato lasciato dalla mamma. L’autore dà forma a questo vuoto e ce ne rende partecipi gradualmente. All’inizio non è chiaro quali siano i sentimenti del protagonista, non capiamo quale fosse la natura dei rapporti tra Marocco, sua madre e suo padre, ma se si procede con la lettura, le pagine sono costellate di ricordi, di attimi in cui l’assenza della madre torna a farsi sentire prepotentemente.
E’ un dolore sordo, costante, che di volta in volta riaffiora, è sempre dietro l’angolo, pronto ad assalire Marocco che si interroga, con le parole semplici di un ragazzino adolescente, se la madre, da qualche parte, gli voglia ancora bene.
Credo che l’autore, così facendo, sia riuscito a dare forma a questo senso di mancanza e di vuoto in modo molto delicato, ma incisivo allo stesso tempo, tanto che conoscendo di volta in volta, sempre più a fondo il protagonista e scoprendo i suoi sentimenti, è impossibile non affezionarsi a lui.
Al buio, con gli occhi aperti, non mi concentrai davvero sul provino, ma sull’eventualità di diventare un calciatore famoso. Perchè se lo fossi diventato, mia madre avrebbe potuto ricevere mie notizie, guardarmi, e magari, nel vedermi, nel pensarmi, le sarebbe tornata la voglia di stare con me, come per quei pensieri che dimentichi di avere, ma che poi te ne ricordi e non puoi più ignorarli.
Altro tema centrale è quello dell’adolescenza, un’età difficile che, in un quartiere come quello di Soccavo, è ancora più dura, perché trascorre senza meta, senza stimoli o reali possibilità di aggregazione. E’ disarmante come nelle prime pagine del romanzo, Marocco trascorra le sue giornate in uno stato di apatia: a scuola i risultati sono pessimi, ma poco importa; giocare a calcio gli piace, ma sembra che rappresenti per lui un riempitivo, più che un reale obiettivo; è appassionato di fumetti e di eventi paranormali, ma è una passione che non può condividere con nessuno dei suoi amici, con i quali si limita a girovagare per il quartiere, fumando spinelli, o bevendo birra.
Riuscivo a pensare solo al Natale, che speravo non arrivasse mai e invece arrivò, presto, e mi venne incontro correndo, mentre la vita procedeva indifferente, e mentre andavo male a scuola e mi preparavo a diventare cattivo e mi tenevo tutto dentro, cercando di sembrare normale.
Ma ciò che più ci colpisce, è il fatto che Marocco non ha voglia di fuggire dal quartiere, non prova il desiderio o l’istinto di scappare dal suo mondo, forse perché non è in grado di immaginarsi niente di diverso. Con il senno di poi, a lettura ultimata, posso affermare che, forse, è proprio questo aspetto del carattere e della personalità del protagonista che mi ha impedito, perlomeno all’inizio, di affezionarmi a Marocco. Salvo poi conoscerlo più da vicino e “capire” un po’ di più l’universo in cui si muove.
La vita di Marocco subisce una svolta dopo l’incontro con Serena. Per Marocco è tempo di prime volte: i primi batticuori, il primo appuntamento, il primo bacio… il quartiere diventa più colorato e anche la scrittura si fa più distesa e meno “nervosa”. Serena colma in parte quel vuoto lasciato dalla madre anni prima, ma proprio perché sa cosa significhi soffrire per amore, Marocco è consapevole del fatto che amare Serena vuol dire affidarsi a lei, mettere la propria vita nelle sue mani e rischiare:
Che non capiva questo fatto che che il volere bene a qualcuno è una sfortuna, perché ci si mette nelle sue mani e si diventa come nuvole: piccole forme delicate e semplici da distruggere.
Ma sono i rapporti che si instaurano con le persone che contano ad offrirci una possibilità di riscatto e a ridefinire di continuo la nostra personalità. Ogni persona è l’ulteriore possibilità di qualcun altro dice Marocco. Ciò non riguarda solo i suoi sentimenti per Serena, ma anche il legame con Lunno, il suo migliore amico, un personaggio “ambiguo”, che non si sa come interpretare, di cui si sospetta spesso. Marocco decide invece ancora una volta di fidarsi, di volere bene, di rischiare…
Giovanissimi è un libro adatto a chi cerca una storia da cui lasciarsi intenerire ed emozionare e ha voglia di tornare ragazzino, anche solo per un po’. E’ un libro intenso, che sono contenta di aver portato a termine nonostante la diffidenza iniziale.
Unico neo: non ho apprezzato il finale, che affretta una conclusione secondo me non necessaria e inutilmente tragica. Avrei preferito un finale “non finale”, aperto alle infinite possibilità che si distendono davanti ai piedi di un giovane adolescente che muove i suoi primi passi nella vita…
Voi cosa ne pensate? Avete già letto Giovanissimi?
Buone letture!
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